
Nel
precedente post, ho scritto il
Network Marketing venga abitualmente presentato come "la
speranza per tanti che ora non ne hanno ed uno dei sistemi migliori
per renderti padrone della tua vita!" Vero, ma solo in
teoria, poiché ho aggiunto che le possibilità di riuscita in
un'attività di vendita come questa – particolarmente odiata dagli
italiani – dipendono da numerosi fattori, quali l'intraprendenza,
la capacità di tollerare la frustrazione, il contesto socioeconomico
di riferimento.
Vendere
è indispensabile per accrescere la propria ricchezza, ma, prima
ancora che di vendere prodotti o servizi, si tratta di sapersi
adeguatamente promuovere nella veste di venditori: siamo naturalmente
inclini a far sapere agli altri della nostra esistenza, ma ciò non
significa proporsi nel modo migliore; un Network Marketer non deve
pensarsi come un piazzista, il classico venditore porta a porta che
provi a propinare ad uno sconosciuto un elettrodomestico od un
qualunque altro bene senza che l'altro abbia potuto esprimere
interesse in qualsivoglia maniera: piuttosto, bisognerebbe vendere
un'idea di benessere, appagamento, felicità derivanti dall'uso di un
prodotto o dalla fruizione di un servizio. Non si vende un
integratore utile per rafforzare le articolazioni, bensì, l'idea
della sensazione di benessere che si potrebbe provare correndo nel
parco se le articolazioni smettessero di dolere!
Vendere è
convincere le persone di poter risolvere i loro problemi, le loro
crisi; è convincerle di poter acquisire la bellezza e l'ammirazione
altrui! Vendere per migliorare il mondo! Per il resto, ognuno di noi
è chiamato quotidianamente a vendersi ed occorre solo decidere la
maniera in cui si voglia continuare a farlo: lavorare alle dipendenze
altrui significa vendere il proprio - preziosissimo - tempo in cambio
di uno stipendio o, come avviene sempre più spesso, di provvigioni
sui volumi di vendita generati, dunque, perché non decidere di
lavorare per se stessi ed orientarsi su quelle aziende che siano
disponibili a remunerare molto bene l'impegno dei collaboratori,
anziché pagarli poco e sfruttarli sempre più approfittandosi della
crisi economica per minacciare continuamente di licenziamento coloro
che osino ancora rivendicare qualche diritto sindacale ed ancor prima
il rispetto della dignità umana? Ostinarsi a non imparare a vendere
(bene) è autolesionistico, una forma di masochismo che limita le
proprie capacità di espressione e le possibilità di acquisire
benessere, ma nemmeno consente di accrescere quello altrui
trasferendo tale capacità con l'esempio ed erogando buona
formazione.
Mai come oggi l'immagine ha contato per riscuotere
successo e mai come oggi è stato tanto semplice curarla o
comprometterla: il web ed i social network sono potentissimi
strumenti per farsi conoscere e rendere se stessi un marchio di
successo. Non riuscire a differenziarsi in alcun modo rispetto ai
competitori, significa non poter uscire dall'anonimato e non
accrescere il benessere. Il personal branding, se attuato
metodicamente e con intelligenza, è più utile del marketing
applicato a qualsivoglia prodotto o servizio delle aziende con cui si
decida di collaborare: l'ho già scritto più volte che le persone
non comprano un prodotto/usufruiscono di un servizio per le sue
qualità intrinseche (hanno importanza relativa), ma soprattutto per
entrare nell'area di attrazione altrui; è il motivo per cui si
frequentano certi posti di villeggiatura o determinati locali
cosiddetti alla moda: non tanto per la bellezza dei luoghi in sé o
per la squisitezza di ciò che vi si possa mangiare o bere, ma perché
si desidera appartenere, sia pure per qualche ora, ai luoghi pregni
della presenza di vip a vario titolo!
Limitarsi a decantare le
qualità di un prodotto, come faccia qualsiasi altro distributore
della stessa azienda, è invece il modo più sicuro per risultare
noiosi, privi di attrattiva, opportunisti: meglio esprimere simpatia
od altre qualità distintive! Se è vero che le persone acquistano
guidate da motivazioni emozionali, bisogna far percepire benefici
emozionali a coloro che ci seguano affinché si affezionino e
fidelizzino! In questo senso, si potrà dire che fare Network
Marketing non significhi vendere, bensì, migliorare la propria rete
di relazioni!
Il Network Marketing NON è, come qualcuno
ancora scrive, un servizio sociale: potenzialmente, esso offre
opportunità di successo a tutti, ma non tutti sono in grado di
avvantaggiarsene e non compete ad un Network Marketer assumersi un
ruolo salfivico nei riguardi altrui. Potenzialmente, tutti hanno modo
di inserirvisi e fare affidamento su coloro che, aiutando le proprie
downline a progredire, potrebbero contemporaneamente aiutare se
stessi a progredire economicamente, tuttavia, anche per quel che
riguardi i cosiddetti upliner, la triste verità è che molti non
sono in grado di determinare il successo delle downline o perfino se
ne disinteressano colpevolmente o stupidamente (tornerò
sull'argomento in uno dei prossimi post). Ne consegue che i giovani,
le donne, gli immigrati, gli anziani o quant'altri potrebbero, in
teoria, ottenere il massimo giovamento dalla pratica del Network
Marketing, ma il Network Marketer professionista non debba mai
tralasciare di concentrare la propria attenzione su coloro che
dimostrino di volersi concretamente impegnare in un'attività
autoimprenditoriale e siano in target col tipo di professionista che
si sia scelto di diventare e si voglia aiutare altri - i migliori! -
a diventare! Gli altri vanno lasciati nelle loro zone di confort a
lamentarsi di quanto sia ingiusta la società, senza però attivarsi
per cambiare le cose: lasciamo perdere il fatto i giovani si siano
impegnati per laurearsi, ma non trovino lavoro; evitiamo lo
stereotipo secondo cui le donne sarebbero adattissime a svolgere
quest'attività, data la presunta natura relazionale della stessa
(semmai, sono meno collaborative e competitive degli uomini); non
soffermiamoci a pensare gli anziani non vengano valorizzati
nell'odierna società (non è realisticamente ipotizzabile che
possano reggere i ritmi di lavoro almeno inizialmente richiesti
dall'attività); rimaniamo concentrati sull'idea che il Network
Marketing non sia una sorta di attività magica che possa svilupparsi
col mero passaparola presso parenti, amici e conoscenti:
questo atteggiamento, sia che appartenga al neofita o che venga
colpevolmente promosso dalle upline, è, invece, ciò che non fa
sviluppare adeguatamente il Network Marketing (specie nel nostro
Paese) e rafforza il pregiudizio che non funzioni o possa funzionare
solo per coloro che si trovino al vertice della fantomatica
piramide!
Per sfruttare il potere della duplicazione,
occorrerebbe un bilanciato impegno collettivo da parte dello sponsor
e dei componenti della downline: il primo dovrebbe prodigarsi nella
formazione della downline, favorendone la crescita verso la carica
manageriale, mentre agli affiliati competerebbe lo sforzo di
sperimentare il metodo di lavoro: mirare a sponsorizzare per poi
dimenticarsi degli sponsorizzati e confidare nel potere del
passaparola da parte di questi ultimi sono, invece, gli atteggiamenti
tipici di coloro che, presto o tardi, andranno ad aumentare le fila
dei delatori del Network Marketing!
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