Porsi
empaticamente nei riguardi altrui, dedicare al prossimo parte del
proprio tempo e delle proprie energie, prendersi cura di chi
eventualmente sia in difficoltà determina effetti positivi sui
destinatari di tali interventi sia dal punto di vista fisico, che
psichico.
Dal
punto di vista biologico, il tasso di guarigione dei pazienti che
soffrano di scompensi cardiaci è maggiore quando la famiglia sia
empatica e disponibile; la presenza di rapporti di sostegno aumenta
la durata di vita nei malati terminali di cancro; le donne incinte
che fruiscano di un sostegno sociale hanno meno complicazioni durante
la gravidanza ed un parto meno lungo delle altre.
Dal
punto di vista psicologico, i bambini con un forte sostegno sociale
hanno meno problemi d’adattamento e probabilità di consultare uno
psicologo una volta adulti; gli adolescenti sostenuti socialmente
hanno meno problemi di leadership degli altri e, una volta adulti,
sapranno affrontare meglio le situazioni frustranti.
Se
una persona è terrorizzata dalle sue condizioni e dal suo futuro,
chi le sta vicino può offrirle l’amore ed il sostegno funzionali
alla diminuzione dello stress; con il loro aiuto, gli intimi possono
aiutare il paziente a sopportare la dieta che assicurerà la
guarigione, seguire terapie dolorose, fare gli esercizi adatti al
caso, in mancanza dei quali si prolungherebbe il ricovero.
Le
persone disposte a dare il loro appoggio possono semplicemente
sbrigare quelle faccende che altrimenti renderebbero la guarigione
lenta e gravosa.
La
teoria del sostegno sociale non è esente da critiche e, ad
esempio, v’è chi sostiene non basti che i pazienti siano
semplicemente circondati dagli altri, facciano parte d’una grande
famiglia e ricevano molte visite dai vari componenti: l’ambiente
sociale deve essere percepito come in grado di fornire sostegno,
altrimenti, ne deriverà solo un fardello supplementare (per esempio,
chi debba far fronte alla possibilità di morire, potrebbe ancor più
essere scoraggiato dalla presenza di coloro che dipendano da sé
materialmente).
In termini generali, tuttavia, nel corso del tempo gli studiosi – specialmente gli psicologi – hanno spostato l'attenzione dai fattori intrapsichici ai fenomeni interpersonali ed ai contesti in cui essi si verificassero, recuperando un primigenio approccio olistico ai problemi ed accantonando l'idea che soggetti portatori di sintomi dovessero necessariamente essere ritenuti i soli malati, piuttosto convincendosi che a tali sintomi andasse assegnato un “significato relazionale”; essi hanno inoltre adottato una prospettiva intergenerazionale, cioè, compreso che il disagio psichico vada spiegato tenendo conto del “tempo generazionale”, oltreché “storico” ed “ontogenetico”.
In precedenti post, ho spiegato l'importanza dell'esistenza e, soprattutto, della composizione delle cosiddette cerchie di influenza anche al fine di sviluppare facilmente e celermente un'attività di Network Marketing e tale concetto può essere ripreso ora per spiegare la differenza rispetto ai cosiddetti sistemi.
In termini generali, tuttavia, nel corso del tempo gli studiosi – specialmente gli psicologi – hanno spostato l'attenzione dai fattori intrapsichici ai fenomeni interpersonali ed ai contesti in cui essi si verificassero, recuperando un primigenio approccio olistico ai problemi ed accantonando l'idea che soggetti portatori di sintomi dovessero necessariamente essere ritenuti i soli malati, piuttosto convincendosi che a tali sintomi andasse assegnato un “significato relazionale”; essi hanno inoltre adottato una prospettiva intergenerazionale, cioè, compreso che il disagio psichico vada spiegato tenendo conto del “tempo generazionale”, oltreché “storico” ed “ontogenetico”.
In precedenti post, ho spiegato l'importanza dell'esistenza e, soprattutto, della composizione delle cosiddette cerchie di influenza anche al fine di sviluppare facilmente e celermente un'attività di Network Marketing e tale concetto può essere ripreso ora per spiegare la differenza rispetto ai cosiddetti sistemi.
Nel
modello sistemico-relazionale, le ‘interazioni’ osservate nei
sistemi riconducono all'interdipendenza tra coloro che li
costituiscano, mentre nel modello a rete assume maggiore importanza
il concetto di ‘comunicazione’: le unità componenti il sistema
hanno ruoli interdipendenti, specializzati e differenziati,
finalizzati al funzionamento del sistema stesso, mentre, nel
reticolo, le unità non sono necessariamente in reciproca
interrelazione e, soprattutto, le eventuali interrelazioni non sono
finalizzate al suo funzionamento.
Nel
modello reticolare le unità non condividono necessariamente i fini,
i valori e le culture specifiche: l’unico elemento ad essere
necessariamente in comune tra le componenti della rete è la
relazione diretta o indiretta col soggetto, individuale o collettivo,
scelto come centro del reticolo.
Una
rete sociale è solo in parte costituita dalle relazioni che
coinvolgano l’individuo alla nascita: l’altra parte è costruita
dal soggetto nel corso della sua vita e può essere continuamente
modificata; si definisce rete primaria (o naturale) l’insieme
delle persone facenti parte della propria famiglia, gli amici, i
vicini di casa ed i colleghi di studio o lavoro: essa interagisce con
le reti secondarie, formali ed informali.
Le reti secondarie formali corrispondono all’insieme delle istituzioni e delle organizzazioni deputate a fornire determinati servizi agli individui e si distinguono dalle prime per i rapporti di tipo asimmetrico, caratterizzati da contenuto professionale.
Le reti secondarie formali corrispondono all’insieme delle istituzioni e delle organizzazioni deputate a fornire determinati servizi agli individui e si distinguono dalle prime per i rapporti di tipo asimmetrico, caratterizzati da contenuto professionale.
La
reti secondarie informali, invece, comprendeno le associazioni
e le organizzazioni di volontariato o di privato sociale nate per far
fronte a determinati bisogni della comunità.
Convenzionalmente,
quanto arbitrariamente, si tende a considerare la rete di un
individuo limitatamente all’insieme delle sue interazioni dirette,
ma occorrerebbe anche definire il tipo e la qualità di tali
interazioni, poiché la loro frequenza non coincide necessariamente
con l’importanza che v’assegni il medesimo.
Esiste
la possibilità che per molte persone ci siano aree delle reti non
attivate e potenzialmente attivabili per bisogno, desiderio od
intervento di fattori esterni.
Dal
punto di vista psicologico, la personalità individuale
ricondurrebbe ad un preciso stile comportamentale e, soprattutto,
adattivo e reattivo nei riguardi dell’ambiente: non è statica
e, perciò, immutabile ed è forgiata da fattori d’origine sia
biologica (innati), che psico-sociale (educativi ed ambientali); se
l’ambiente non è favorevole alla loro estrinsecazione ed
attuazione, le potenzialità presenti alla nascita nella struttura
dell’organismo non si realizzano.
Le
distinzioni interindividuali dipenderebbero dai tratti (e vengono generalmente operate in base ad essi),
ossia, gli aspetti salienti che ciascuno riveli nell’interazione
con gli altri: lo sforzo più antico, è consistito nel tentativo di
associare empiricamente certi tratti a precise caratteristiche
fisiche, non necessariamente somatiche.
I
tratti rappresenterebbero una tendenza ad elaborare informazioni, una
disposizione ad agire, a reagire in modo uniforme, indipendentemente
dal variare delle condizioni esterne.
Il
‘carattere’ può essere ritenuto sinonimo di personalità,
sebbene, nel secondo caso, si mettano più in evidenza gli aspetti
valutativo-morali.
Nel
corso del tempo, sono state proposte molte teorie per spiegare il
comportamento umano, focalizzando l’attenzione sulle differenze
individuali durante i diversi stadi della vita, ma anche su quelle
interindividuali, ossia, sulle differenze tra individui diversi,
però, dello stesso stadio evolutivo.
Altresì,
si definiscono ‘idiografiche’ quelle teorie che cerchino
di spiegare l’origine di caratteristiche peculiari ed uniche,
‘nomotetiche’ quelle che tentino di stabilire leggi di
valore generale ed universale su come s’originino le differenze
interindividuali.
Gl’interrogativi
ricorrenti riguardano ciò che individui diversi condividano e quali
caratteristiche, invece, rendano una persona unica.
La
formulazione delle diagnosi cliniche è generalmente perseguita
tramite il DSM
(Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali): si tratta di un
manuale che raccoglie centinaia di disturbi mentali, descrivendoli in
base alla prevalenza di determinati sintomi
(per lo più, quelli osservabili nel comportamento dell'individuo, ma
non mancano riferimenti alla struttura dell'Io
e della personalità).
Il
problema della malattia mentale non è, come precedentemente
evidenziato, esclusivamente biologico od organicista come si credeva
in passato (si rifugge anzi dal “riduzionismo biologico”),
l'approccio attuale è necessariamente un approccio
“multidisciplinare”: la malattia mentale è ritenuta
multifattoriale e ciò comporta che si tenga conto di patrimonio
genetico, costituzione, vicende di vita, esperienze maturate, stress,
il tipo di ambiente, la qualità delle comunicazioni intra ed
extra-familiari, l'individuale diversa “plasticità”
dell'encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di
reagire, di opporsi, di difendersi. Si ha, dunque, una visione
“plurifattoriale integrata” della malattia mentale ed anzi, più
che far uso di termini quali infermità o malattia, si ricorre al
più generico concetto di “disturbo mentale”.
In
particolare, l’asse V è costruito per offrire al clinico la
possibilità d’indicare il suo giudizio sul funzionamento
psicologico, sociale e lavorativo dell’individuo su di una scala -
Scala per la valutazione globale del funzionamento o VGF - costruita
nell’ottica del continuum salute-malattia mentale: se il punteggio
viene attribuito in base al criterio di adattamento all’ambiente,
ossia, del conformismo sociale, non può non riproporsi la confusione
del normale con lo statisticamente medio e, quindi, della valutazione
del disturbo come di un fenomeno da eliminare per ristabilire lo
stato medio/normale (da cui la richiesta sociale di svolgimento d’una
funzione normalizzante indirizzata alla pratica clinica).
Oltre
che come supporto diagnostico e terapeutico, il DSM è utilizzato
anche per la costruzione di questionari
psicologici
o dalle compagnie di assicurazione
sulla salute per determinare le coperture assicurative, sebbene
continui ad essere fortemente criticato da coloro che non lo reputino
uno strumento adeguato alla valutazione della situazione clinica di
una persona.
Opinioni
difformi da quella dell'APA (Associazione psichiatrica americana)
criticano la sua struttura rigidamente statistica, in particolar modo
la scelta dei cut-off che porterebbero a diagnosticare un disturbo
mentale ad una persona con tre delle caratteristiche richieste, allo
stesso modo di una persona con sette di quelle caratteristiche e "a
scapito" di chi ne raccolga solo due.
In
sostanza, si riproduce un modello di etichettamento non
necessariamente corrispondente alla realtà, che impedisce di
individuare quei riferimenti alle caratteristiche soggettive del
paziente, agli effetti della sua esperienza, alla sua storia
personale che abbiamo definito fondamentali sin dall'inizio del post.
Altre
critiche riguardano più direttamente la dimensione etica,
intaccando la credibilità scientifica dell'opera; buona parte degli
psichiatri che ricorrentemente partecipano alla sua revisione
intrattiene rapporti economici nei ruoli di ricercatore o consulente
con società
farmaceutiche: si è spesso tornati a parlare di
"malattie finte", disturbi creati ad hoc (ad esempio,
attraverso un semplice "accorciamento" del cut-off per
l'inclusione in una diagnosi) per lanciare nuovi farmaci.
In
definitiva, salute e malattia si configurano come un processo:
omeostasi e salute come una successione dinamica di crisi superate!
In
tal senso, ad un modello di guarigione ‘pieno’ e ‘statico’,
possiamo contrapporne uno ‘vuoto’ e ‘dinamico’, quale
progressivo ampliamento di libertà, creatività e benessere e
diviene ambibile l’autorealizzazione, quale vissuto di
compimento del proprio destino, accettazione di sé, soddisfazione
per aver trovato un significato per la propria esistenza.
Jung
ideò il concetto d’individuazione, esprimente il fine
ed il senso della stessa.
Naturalmente, il Network Marketing non può essere considerato l'unico mezzo utilizzabile per l'accrescimento del benessere personale, tanto meno quello principale, ma indubbiamente esso può determinare un miglioramento delle condizioni economiche da cui derivino senso di sicurezza, gratificazione per il lavoro svolto e la riconoscenza dei collaboratori formati in numero crescente nel tempo, ampliamento della personale libertà dapprima da un punto di vista puramente materiale ma progressivamente riferibile alla possibilità di coltivare le proprie passioni e ricercare opportunità di crescita anche morale e spirituale, quanto più si possa delegare ai downliner i compiti ripetitivi e riservarsi di supervisionarne soltanto l'operato.
Network Marketing, dunque, per innovare con successo la propria identità professionale.
Network Marketing per pianificare la propria vita in funzione di se stessi e non del denaro (pur potendone guadagnare parecchio!).
Network Marketing quale opportunità di rinnovamento morale e spirituale mediante quello professionale.
Network Marketing per ampliare le proprie reti di sostegno sociale!
Network Marketing, per coloro che dovessero scegliermi quale Sponsor, all'interno di un'Azienda che della determinazione nel migliorare costantemente l'offerta di prodotti squisiti e benefici, perseguendone la diffusione ovunque, e del profondo rispetto verso i collaboratori ha fatto le ragioni del proprio successo.
Naturalmente, il Network Marketing non può essere considerato l'unico mezzo utilizzabile per l'accrescimento del benessere personale, tanto meno quello principale, ma indubbiamente esso può determinare un miglioramento delle condizioni economiche da cui derivino senso di sicurezza, gratificazione per il lavoro svolto e la riconoscenza dei collaboratori formati in numero crescente nel tempo, ampliamento della personale libertà dapprima da un punto di vista puramente materiale ma progressivamente riferibile alla possibilità di coltivare le proprie passioni e ricercare opportunità di crescita anche morale e spirituale, quanto più si possa delegare ai downliner i compiti ripetitivi e riservarsi di supervisionarne soltanto l'operato.
Network Marketing, dunque, per innovare con successo la propria identità professionale.
Network Marketing per pianificare la propria vita in funzione di se stessi e non del denaro (pur potendone guadagnare parecchio!).
Network Marketing quale opportunità di rinnovamento morale e spirituale mediante quello professionale.
Network Marketing per ampliare le proprie reti di sostegno sociale!
Network Marketing, per coloro che dovessero scegliermi quale Sponsor, all'interno di un'Azienda che della determinazione nel migliorare costantemente l'offerta di prodotti squisiti e benefici, perseguendone la diffusione ovunque, e del profondo rispetto verso i collaboratori ha fatto le ragioni del proprio successo.
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