12 luglio 2016

Network Marketing, aziende - piattaforma e capitalismo terminale

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Il processo di avanzamento tecnologico e diffusione delle nuove tecnologie presso ampi comparti della popolazione è inarrestabile e come spiegato nel precedente post, ciò comporta che possano essere resi sempre più flessibili gli orari di lavoro e reticolari le strutture aziendali: tanto gli imprenditori, quanto i lavoratori del futuro potranno – anzi, dovranno – basare sulla capacità di approfittare della trasformazione digitale della società e sull'economia collaborativa o della disintermediazione la possibilità di rimanere attivi nel mercato del lavoro, offrire prodotti e servizi a prezzi competitivi, mirando alla massima valorizzazione possibile del capitale cognitivo delle risorse umane (capacità cognitive, talenti, idee, soprattutto creatività); dunque, il capitalismo cognitivo offrirà ragguardevoli opportunità in particolar modo ai creativi, coloro che potranno curare il marketing di brand o specifici prodotti/servizi senza temere che il loro posto possa essere preso da robot sempre più sofisticati ed infaticabili, contemporaneamente attuando un buon personal branding. 
Tale capitale cognitivo risulterà più importante dei capitali che precedentemente dovessero essere investiti nella fondazione e nel mantenimento in vita delle imprese e diverrà sempre più marcata la differenza tra capitale fisso degli investimenti e capitale mobile che risiede nelle persone, le quali intratterranno con le aziende rapporti discontinui, fluidi, continuamente rinegoziabili secondo le reciproche esigenze: terminerà l'era degli addetti da specializzare ed inevitabilmente limitare, ad esempio, ad una signola fase del processo produttivo di un bene lungo la catena di montaggio e gli individui faranno sempre meno dipendere il proprio valore (quasi) esclusivamente dal ruolo lavorativo com'è stato finora; secondo alcuni, contemporaneamente terminerà l'epoca del recruitment ossia, si confiderà sempre meno nella possibilità di correttamente individuare gli elementi migliori da impiegare per sempre in un determinato compito e mantenerne elevata la motivazione alla produttività.

Mancato adeguamento ai nuovi paradigmi lavorativi si tradurrà in
perdita della competitività tanto per gli imprenditori, quanto per coloro che dovessero continuare ad immaginare il proprio percorso lavorativo contrassegnato da immutabilità del contesto in cui operare e dei mezzi da utilizzare che fosse ancora ammissibile solo fino a pochi anni fa: sebbene personalmente tenda ad incontrare moltissime persone che ancora anelino al "posto fisso" e non riconoscano i vantaggi che anche l'attività di Network Marketing offra a coloro che necessitino di rendersi economicamente liberi, molte ricerche, con particolare riferimento a realtà diverse da quella italiana, rivelano che il numero di coloro che vogliano lavorare da indipendenti anziché avere un contratto a tempo indeterminato sia in aumento. Tali individui non sarebbero disponibili a lavorare alle dipendenze altrui in cambio di stipendi più elevati del solito, ma nemmeno credono possibile che potrebbero mai guadagnare più denaro rinunciando alla propria autonomia.
Il numero dei freelance, dunque, è in continuo aumento e, in verità, anche quello di coloro che si dedichino alla vendita diretta o ad un'attività di Network Marketing, ma una differenza sostanziale tra i primi ed i secondi è rappresentata dal fatto che mentre il freelancing richiede la capacità di offrire i propri servizi a sempre nuovi imprenditori/clienti che siano disponibili a pagarli ed oltretutto in misura almeno dignitosa,
il Network Marketing presuppone l'ingresso in aziende che, pur lasciando liberi i collaboratori di gestire il proprio lavoro come meglio credano, ne accolgono per trattenerli presso di sé e ricompensarne l'attività promozionale di prodotti o servizi mediante provvigioni di sicuro interesse da subito e bonus associati alle qualifiche previste dai piani di marketing: si potrebbe dire che quest'ultima opportunità di business offra i maggiori vantaggi in assoluto, tenuto poi conto della possibilità - non certo dell'obbligo! - di costituire delle personali downline e capitalizzare anche il lavoro di coloro che s'iscrivano col proprio codice di sponsorizzazione!

Il Network Marketing è nato negli Stati Uniti agli inizi del ventesimo secolo e da subito ha abbattuto le barriere all'ingresso, offrendo a chiunque una opportunità lavorativa, indipendentemente dal bagaglio culturale e da eventuali esperienze lavorative pregresse: attualmente, tali barriere sono in via di abbattimento in molteplici altri campi e, almeno idealmente, informazioni e denaro possono essere fatti circolare facilmente e con immediatezza.

E' cambiato il modo di fare impresa e proporsi sul mercato, ma è ovviamente mutato anche il modo di porsi dei clienti nei riguardi delle imprese, a cominciare dal fatto non si considerino semplici consumatori/fruitori di prodotti/servizi, ma desiderino incidere sulla loro ideazione o richiederne ed ottenerne dei cambiamenti, affinché si rivelino performanti, facili da utilizzare, in grado di gratificare un crescente edonismo di massa ma anche, ad esempio, ecologici e rispettosi delle condizioni di vita altrui (comprese quelle animali) dal momento della produzione a quello dello smaltimento delle singole componenti
. Negli ultimi anni, sono nate ed hanno conosciuto una rapida affermazione delle cosiddette aziende – piattaforma, cioè, in grado di reclutare un considerevolissimo numero di collaboratori attraverso siti web ma soprattutto app, i quali offrono svariati servizi a coloro che scelgano di non rivolgersi ad imprese tradizionali per, ad esempio, prenotare un taxi e contemporaneamente desiderino poter pagare i servizi poco ed in completa sicurezza tramite smartphone. Esse consentono di trasformare se stessi in piccoli imprenditori e sfruttare risorse immediatamente disponibili come per l'appunto un'auto, una bicicletta, la cucina di casa propria e quant'altro.
In pratica, tali aziende – piattaforma hanno dei proprietari che ovviamente ne determinano la nascita e lo sviluppo grazie all'impiego di propri capitali e sono rette dal lavoro di coloro che desiderino erogare dei servizi che sappiano svolgere in maniera professionale in cambio di denaro ed eventualmente altri "attori" che desiderino un rapporto più saldo con la piattaforma ed i suoi proprietari: da ciò dovrebbe conseguire notevole competitività rispetto alle aziende tradizionali, quindi, una spinta al costante miglioramento dei servizi offerti, a vantaggio tanto dei professionisti che riescano a farsi sempre più richiedere dagli utilizzatori migliorando la loro reputazione, quanto dei clienti! Aziende – piattaforma che consentano l'emersione delle eccellenze nello stesso tempo in cui il pubblico dei fruitori vada riconoscendole e premiandole!
In futuro, aumenterà certamente il numero di aziende – piattaforma che nello stesso tempo in cui
abiliteranno alcuni a realizzare prodotti/erogare servizi, tratteranno altri come meri clienti, salvo potersi ovviamente verificare che i professionisti le utilizzino anche nella veste di clienti relativamente a quei prodotti/servizi che non sappiano creare e restino obbligati ad acquistare da altri. Alcuni predicono altresì che almeno parte di tali aziende – piattaforma acquisiranno maggiore rilevanza nell'erogazione di servizi rispetto a certi colossi attuali (si pensi alle autovetture guidate da autisti imprenditivi a discapito di coloro che detengano una licenza da tassista od al numero di stanze rese disponibili per l'ospitalità da privati cittadini a discapito delle catene alberghiere), mentre io penso che prevarranno vendite ed accorpamenti (nascita di nuovi monopoli?) che avvantaggeranno venditori ed acquirenti e non modificheranno ulteriormente il modus operandi dei professionisti, i quali già oggi costituiscono quella che l'economista statunitense Jeremy Rifkin definisce società a costo marginale zero!

Le prime aziende – piattaforma ad affermarsi sono state quelle che consentissero di erogare servizi senza richiedere coordinamento tra professionisti: pensiamo a quelle cui ci si rivolga per prenotare una corsa in taxi, piuttosto che una camera a casa d'altri anziché in hotel; progressivamente, però, si apriranno a nuovi mercati e raggiungeranno tanto le masse, quanto le nicchie di mercato e saranno realizzabili progetti complessi che richiedano l'apporto di differenti professionalità disponibili alla collaborazione sulla base della fiducia reciproca.
Occorrerà che i professionisti conservino elevata la motivazione a rimanere sulle piattaforme a vantaggio proprio e dei colleghi, contemporaneamente tramutandone i nomi in brand e sempre più rafforzandone il prestigio. Esisteranno, dunque, i
market network, che assommeranno caratteristiche dei social network e dei marketplace: costituiranno un luogo virtuale d'incontro per professionisti ed allo stesso tempo il luogo in cui promuovere e/o acquistare prodotti e soprattutto servizi diversi per complessità, finalità e perfettibilità, in maniera rapida e sicura.

Portando alle estreme conseguenze il ragionamento, nell'era delle aziende – piattaforma le valutazioni espresse dai clienti riguardo ai servizi fruiti, i punteggi assegnati ai professionisti ed ai loro progetti, finirebbero col costituire le uniche variabili in grado di determinarne la permanenza nel mercato del lavoro; l'economista Hayek predisse un mercato talmente ricco di opportunità e scambi tra pari, ma altrettanto pericoloso da vivere, che avrebbe posto alcuni elementi della società nella condizione di dover soccombere alla competizione e fu tra i primi a sostenere l’utilità di un
reddito incondizionato di base che scongiurasse tale pericolo (ed unico provvedimento che varrebbe la pena demandare ad un'istituzione centralizzata!). Egli ha sempre sostenuto che meccanismi fludi di regolazione battano in efficienza gli interventi programmati e le economie controllate, che nessun sedicente esperto potrebbe mai calare dall'alto delle soluzioni ai problemi economici della società sulla base dei dati a sua disposizione, che piuttosto converrebbe assicurare il miglior uso possibile delle risorse disponibili a qualsiasi membro della società, per fini la cui importanza relativa solo individualmente potesse essere riconosciuta.

E' dunque tutto oro quello che riluce? L'avvento delle aziende – piattaforma può essere ritenuto salvifico delle sorti professionali di milioni di persone nel mondo o sarà funzionale ad una irrimediabile precarizzazione delle nuove leve?
In realtà, il cosiddetto
capitalismo terminale avrebbe perseguito un duplice, micidiale obiettivo: massimizzazione dei profitti e contemporanea minimizzazione dei salari o perfino parcellizzazione dei guadagni, come per l'appunto nel caso di coloro che non abbiano più titolari che corrispondano uno stipendio (i quali dovrebbero altresì sobbarcarsi obblighi ed oneri nei riguardi dei subordinati!), ma clienti da sperare di sedurre tra coloro che siano iscritti in tali vesti alle piattaforme digitali; non solo: complice la delocalizzazione delle imprese laddove convenisse spostare la produzione di beni di largo consumo o perfino dei brand di lusso (ma cominciano ad essere trasferiti all'estero anche i call center!), nei Paesi occidentali rimane spesso possibile svolgere solo lavori marginali, superflui e, quel che è peggio, depressivamente percepiti tali da coloro che vi si dedichino (dog sitting, volantinaggio, ma anche quanto possa essere fatto rientrare nel campo delle pubbliche relazioni (addetti stampa, uffici relazioni col pubblico, pr per i locali e quant'altro).
Due sociologi francesi -
Julien Brygo e Olivier Cyran, autori del saggio Boulots de Merde -, a loro volta ispiratisi al saggio The Phenomenon of Bullshit Jobs dell'antropologo statunitense David Graeber, hanno evidenziato come non solo siano rinati lavori, definiti feudali a causa del carattere inessenziale, che si pensavano estinti per sempre (come nel caso dei lustrascarpe), ma che anche molti lavori oggettivamente utili (infermiere, poliziotto, portalettere...) siano nel frattempo diventati di m...., cioè, si siano a tal punto degradate le condizioni lavorative da essere notevolmente aumentati il tasso di burn out e peggio ancora, di suicidio!
Un punto fondamentale dell'analisi di Graeber, è che, siccome una ristretta élite mondiale detiene gran parte della ricchezza sia peraltro inevitabile che vengano richiesti servizi sempre più marginali, superflui, in grado di denotarne lo status socioeconomico elevato (in America, v'è chi paga perfino per farsi addobbare l'albero di Natale secondo l'ultima moda!), quasi sempre pagati male, ma anche quando siano ben retribuiti percepiti come inutili da coloro che li svolgano e si rendano conto che se sparissero altri mestieri il danno sarebbe ben peggiore ed immediatamente ravvisabile da tutti!
Personalmente, qualche anno fa pensai di trasformare casa mia in un home restaurant, poiché, complici le letture entusiastiche che effettuassi in rete e la nascita delle prime community tematiche, ipotizzai che sarebbe stato un buon modo per acquisire contatti cui proporre di collaborare per organizzare regolarmente cene vegetariane o vegane e contemporaneamente proporre i prodotti che distribuissi e fossero certificati tali, tuttavia, desistetti infine dal tradurre in pratica l'idea di cucinare per degli estranei. A distanza di tempo, in base alle informazioni reperibili nel web, mi sembra che si continui a preannunciare un enorme successo degli home restaurant nel nostro Paese, ma che, in pratica, ne nascano relativamente pochi e quasi esclusivamente nelle grandi città od alcune zone a forte vocazione turistica e che se tali iniziative non abbiano reso tutti più poveri ed insicuri riguardo al futuro (specie i piccoli imprenditori della ristorazione che già si ritenessero vittime di concorrenze insostenibili), nemmeno abbiano arricchito tanti che lo sperassero.
Per il momento, l'unica certezza pertiene la netta disparità di trattamento tra adulti garantiti nei loro diritti di lavoratori, almeno formalmente, dalle leggi e dai sindacati ed i più giovani senza certezze, i quali (quasi) sicuramente, non percepiranno mai una pensione e tuttavia dovranno sapersi curare delle proprie necessità da vecchi!


Negli ultimi mesi del 2016 (ho revisionato questo post a fine anno!), si è invece molto discusso della possibilità che Twitter, social network da me particolarmente apprezzato, dia modo agli utenti di acquistarlo e scongiurarne la chiusura: la crisi della piattaforma – in questo caso, piattaforma sociale – perdura da lunghissimo tempo e per opporvisi si cercherebbe di realizzare un suggestivo quanto forse utopistico esperimento di
proprietà collettiva in mancanza di acquirenti, veri o presunti che fossero, poi ritiratisi, come ad esempio la Disney (ad essi, l'acquisizione converrebbe in relazione alla possibilità di unire i dati di Twitter a quelli già in loro possesso ed aumentare la capacità di profilazione degli utenti); è così comparso l'hashtag #WeAreTwitter e molti hanno cominciato a chiedersi se divenirne co-proprietari costituirebbe un buon affare.
Twitter ha raddoppiato il proprio fatturato nel 2014 e nel 2015 è aumentato di un ulteriore 15%, tuttavia, il numero degli iscritti (e soprattutto degli utenti attivi) non cresce secondo le previsioni degli investitori e ciò costituisce un serissimo problema, specie considerando che nel campo dell'economia digitale, come in quello della finanza pura, si assuma la possibilità d'una crescita addirittura infinita! Ecco perché converrebbe forse costituire una cooperativa transnazionale o globale che dir si voglia: per sostituire, almeno parzialmente, ai capitali degli investitori in Borsa, i fondi raccolti con continue collette da parte degli utenti e concretizzare una
cooperazione di piattaforma; prima di me, qualcuno ha scritto che il più significativo crowdfunding della storia sbarcherebbe a Wall Street o viceversa! Nonostante Twitter non riesca a risultare attrattivo quanto altre piattaforme sociali, gli utenti che vi rimanessero ed oltretutto fossero disponibili ad acquistarne parte della proprietà potrebbero dare vita ad un numero considerevolissimo di collaborazioni tra freelance, professionisti, creativi e governare democraticamente prestazioni e profitti (non limitandosi assolutamente, quindi, al sia pure importante libero scambio di informazioni).
Si darebbero delle condizioni diverse rispetto a quelle datesi su piattaforme come AiRbnb o Uber, che, secondo i detrattori di tali iniziative imprenditoriali, hanno pesantemente minato la solidità di settori come quello dei trasporti o ricettivo, senza realmente mutare le sorti economiche di coloro che abbiano preso ad utilizzarle nella veste di erogatori di servizi, e concorrendo slealmente con le aziende tradizionali per quel che riguardi gli aspetti fiscali: la trasformazione di Twitter in cooperativa, invece, costituirebbe un esempio straordinario di mutualismo, aiuto vicendevole, autodeterminazione e contemporanea cooperazione, oltretutto su scala mondiale; un chiaro segnale di rivendicazione dei propri diritti da parte di coloro che costituiscano il quinto stato e ne siano stati privati dalle élites imprenditoriali a loro volta condizionate da quelle bancarie; una forma di protezione in rete contro la precarietà creata dai governi, che, specialmente in Europa, sempre meno perseguono gli interessi dei cittadini e colpevoli della cessione di sovranità monetarie e quasi completamente nazionali!

Per quel che mi riguardi, ho sempre valutato positivamente l'assenza di un organigramma piramidale all'interno delle aziende con cui abbia collaborato (nonostante la gran parte di coloro che aborriscano il Network Marketing ravvisino piramidalità proprio laddove non esista!), poiché insofferente alle decisioni che altrove venissero calate dall'alto e fosse dunque richiesto di accettare acriticamente e contemporaneamente amante del
networking, cioè, la possibilità di fondare sulle relazioni interpersonali il successo della propria attività; desidero essere, come mia abitudine, estremamente chiaro: non sostengo che sia facile instaurare rapporti fiduciari, collaborativi, gratificanti e proficui, tuttavia, resto determinato nel proposito di accrescere il mio benessere personale e finanziario grazie a quest'attività ed apprezzo che mi dia modo di accrescere anche quello altrui le rare volte che incontri persone altrettanto concretamente desiderose di migliorarsi!
Pongo dunque in evidenza il fatto che
processi estesi di networking siano alla base tanto delle possibilità di riuscita lavorativa all'interno delle aziende – piattaforma, quanto in seno alle aziende che facciano Network Marketing specificamente e l'interazione tra produttori e consumatori/distributori sia il meccanismo principale della creazione e dello scambio di valore in ambedue i casi, ma che, a mio avviso, per una buona riuscita professionale la professione di Network Marketer offra ancora maggiori vantaggi a coloro che posseggano una mentalità imprenditoriale; mi sento di consigliarne l'intrapresa sotto la mia guida, all'interno dell'azienda leader mondiale nella produzione di prodotti a base di Ganoderma lucidum, ma soprattutto ricordo ciò che abbia scritto altre volte: non esiste un'azienda migliore di altre in sé e sebbene possano essere attentamente valutati prodotti/servizi offerti, caratteristiche dei piani di marketing e solidità economica, la più importante variabile nel determinare il successo di un Network Marketer resti l'insieme delle sue qualità individuali, che lo rendano, o meno, all'altezza di sfruttarne tali strumenti a proprio vantaggio. Tali qualità depongono a favore di un efficace personal branding, cioè, della possibilità di attrarre un gran numero di persone nella propria downline, evidentemente convincendole che lavorare insieme sarebbe la scelta migliore da compiere per assicurarsi reciprocamente benessere personale e finanziario.
Rimando, comunque, alla lettura di un mio precedente post coloro che ancora si chiedano se esistano, e come valutare, le migliori aziende di Network Marketing

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